IN PRIMO PIANO - Le Biotecnologie in Medicina. La domanda incontra l’offerta

04 giugno 2019 - Quando la domanda delle imprese biotech trova davvero riscontro nell’offerta presentata dalle Università? Quali competenze servono per lavorare in una azienda biotecnologica? Che futuro si apre dopo una laurea o un dottorato in biotecnologie in area salute? Quali saranno le professioni più richieste in area salute tra venti anni?


L'INCONTRO TRA DOMANDA E OFFERTA D LAVORO
Quando la domanda delle imprese biotech trova riscontro nell’offerta presentata dalle Università? Quali competenze servono per lavorare in una azienda biotecnologica? Che futuro si apre dopo una laurea o un dottorato in biotecnologie in area salute? Quali saranno le professioni più richieste in area salute tra venti anni?
A queste e molte altre domande abbiamo provato a rispondere di fronte a una platea di oltre cento studenti nel corso della mattinata di lunedì 3 giugno, in occasione dell’incontro organizzato con Università Vita-Salute San Raffaele “Le biotecnologie in Medicina. La domanda incontra l’offerta”.


LA COLLABORAZIONE TRA MONDO DELL'UNIVERSITA' E MONDO DELL'IMPRESA PER TRASFORMARE LA SCIENZA IN VALORE PER LA SOCIETA' CIVILE
L’Università è in costante movimento, si evolve per adattarsi a un mondo che corre sempre più veloce. Lo afferma Massimo Clementi, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Università San Raffaele, all’interno della quale è attivo il corso di laurea triennale, magistrale e il dottorato in biotecnologie, con un forte orientamento verso le applicazioni di area salute: “L’Università deve essere un cantiere sempre aperto, deve cambiare per adattarsi ai tempi, accogliendo input dal mondo esterno”.

È in questa ottica che si colloca la collaborazione con Assobiotec-Federchimica che porterà nel prossimo anno accademico alla presentazione di un nuovo corso elettivo con l’intento di guidare gli studenti oltre un know-how puramente scientifico per far loro acquisire ulteriori competenze, utili per lavorare in azienda.

Il Professor Guido Poli ha, infatti, ricordato, aprendo il meeting, che “questo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza”.

Sottolinea il Professor Marco Bianchi: “L’obiettivo è fare entrare in contatto studenti e università con le imprese che sviluppano la ricerca, trasformandola in valore per la società civile. Vogliamo anche instillare negli studenti l’idea che essi stessi possano un giorno pensare di diventare imprenditori, senza sentire l’obbligo di trasferirsi, ad esempio, negli Stati Uniti o in Germania”.

Chiarisce il Professor Fabio Grohovaz: “Non è un problema che i nostri ricercatori vadano all’estero, peccato non poterli fare tornare in Italia. Questo comporta una dispersione dell’investimento formativo che è stato fatto nel nostro Paese”. Una formazione di qualità peraltro, quella italiana, che garantisce alla nostra ricerca una status di eccellenza, riconosciuta a livello internazionale, tanto che l’Italia è il primo Paese nel mondo per numero di citazioni per ricercatore. Ricercatori che risultano competitivi nell’attirare grant europei, salvo poi decidere di portare avanti all’estero nella maggior parte dei casi le proprie ricerche.

Sottolinea Riccardo Palmisano, Presidente di Assobiotec-Federchimica: “Non solo lasciamo sfuggire i nostri talenti ma non attiriamo in egual misura ricercatori dall’estero. Non riusciamo a dare valore alla buona scienza che siamo in grado di produrre”.


COMPETENZE SCIENTIFICHE SI', MA NON SOLO

Cosa serve allora per riuscire a dare valore alle proprie competenze scientifiche? Per fare in modo che esse possano rispondere ai bisogni della società e offrire reale valore? Pierluigi Paracchi, di Genenta Science, spin-off del San Raffaele, ha un passato da venture capitalist e un presente da imprenditore: “Occorre colmare il gap tra ricerca scientifica e mondo della finanza, decodificando il messaggio dello scienziato per portarlo al mondo della finanza, dei venture capital. Questo è il mio ruolo come imprenditore. Attrarre capitali è fondamentale per riuscire a passare da una fase preclinica a una fase di sviluppo clinico che porti verso una applicazione concreta della ricerca”. Per fare tutto questo la lingua che serve allo scienziato non è solo l’inglese: “Occorre saper parlare con chi fa finanza”.

Il mondo cambia, non sappiamo quali saranno le professioni del futuro. Dobbiamo però cercare di capire e intravedere quali potrebbero essere le nuove sfide e a queste cercare di dare risposte. Conferma Palmisano: “Le tecnologie abilitanti sono Ict e biotecnologie. È in questa direzione che va il mondo”. Ribadisce Guido Poli: "La frontiera della medicina oggi passa dalle biotecnologie". Necessario, dunque, sapere cogliere le nuove opportunità con un bagaglio di conoscenze e competenze adeguate.

Chiarisce Alessandro Sidoli di Axxam: “Il focus va posto non solo sulle competenze scientifiche ma anche sulle soft skills. Nella nostra azienda le opportunità e i ruoli per un laureato in biotecnologie sono eterogenei, vanno da comunicazione, marketing, grant office, business development a regulatory, quality, intellectual property”. Ne è un esempio pratico Chiara Gnocchi, che in 14 anni di esperienza in Novartis ha potuto rivestire ruoli diversi, da Medical Science Liason a Patient Advocacy Manager, arrivando oggi a ricoprire la carica di responsabile Comunicazione e Relazioni con i pazienti. “La formazione universitaria è fondamentale, ma non basta solo quella. È necessario sviluppare soft skill come capacità di ascolto, di leadership, di teamworking, ma anche saper, ad esempio, fare una presentazione in pubblico ed essere curiosi e aperti, lasciandosi contaminare, connettendo e intrecciando le competenze”.

L’idea, l’innovazione, il progetto di ricerca per poter arrivare al mercato e fare la differenza devono saper rispondere alle necessità della società civile. Nicoletta Bertelli di BlueBird Bio, responsabile del rapporto con le associazioni dei pazienti, sottolinea l’importanza di partire sempre dal capire i bisogni del paziente, anche quelli inespressi o insoddisfatti.

L’invito di Claudio Giuliano, fondatore di Innogest, Venture Capital specializzato nelle scienze della vita, è quello di “guardare al reale bisogno: questo è quello che fa la differenza tra un progetto interessante e un progetto che funziona”. E che ottiene, di conseguenza, attenzione e fiducia degli investitori. La scienza, quindi, è ingranaggio fondamentale di innovazione e viene portata sul mercato perché possa essere utilizzata a favore e beneficio della società civile, per rispondere a bisogni reali. “L’imprenditore è colui che cerca di capire come risolvere un problema, di rispondere a un bisogno. Per questo motivo decide di mettersi in proprio”.


UN NUOVO CORSO ELETTIVO AL SAN RAFFAELE

Chiude Palmisano, ricordando gli obiettivi del corso elettivo di prossima apertura: “Racconteremo cosa si può fare in tutte le fasi del viaggio del biofarmaco. Racconteremo che professioni si possono svolgere nelle nostre imprese e accanto alle nostre imprese, come nel mondo dei venture capital. Racconteremo ciò che si fa in una impresa biotecnologica”. Tutto questo introducendo materie manageriali come Trasferimento Tecnologico, Sviluppo e industrializzazione di prodotto, Produzione, Controllo qualità, Sperimentazione clinica e Market Access per dare un contributo alla formazione di figure professionali che possano più facilmente trovare uno sbocco lavorativo nel settore industriale.

 

 

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