Lo scorso mese di agosto “Science” ha pubblicato un ampio articolo dedicato al completamento del sequenziamento del genoma del frumento. Un risultato reso possibile grazie al lavoro di un consorzio internazionale di 20 Paesi, 200 scienziati, 74 istituzioni scientifiche, 13 anni di studi.
Fra gli autori di questo importante lavoro Luigi Cattivelli che dirige il Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CREA), organismo del Ministero delle Politiche Agricole che promuove l’innovazione nel settore agro-industriale e forestale.
A lui abbiamo fatto qualche domanda per capire meglio la portata di questa scoperta
Dr Cattivelli che tipo di progressi possiamo attenderci dai risultati del vostro lavoro?
Questo lavoro fornisce una base di conoscenza indispensabile per affrontare le sfide che abbiamo davanti. Produrre frumenti con elevate caratteristiche qualitative specifiche per i diversi impieghi, più sani (es. senza micotossine) e con minore impatto ambientale riducendo l’uso di fertilizzanti e di agrofarmaci sono tutte esigenze pressanti per rendere la coltura più sostenibile. Inoltre, i cambiamenti climatici già in atto impongono di adattare le piante che coltiviamo alle nuove condizioni ambientali. La disponibilità della sequenza del DNA del frumento tenero sarà un aiuto per tutto questo, permetterà di procedere nel miglioramento genetico in modo più rapido e mirato, tanto più che oggi abbiamo la possibilità di intervenire con metodi di estrema precisione, come il genome editing, che ci aprono a possibilità fino a pochi anni fa ottenibili solo in tempi infinitamente più lunghi. L’uso delle biotecnologie in modo sostenibile è la strada obbligata per continuare a produrre il cibo necessario al pianeta.
Lo studio ha coinvolto un team internazionale e ha comportato tanti anni di ricerca e lavoro. Come mai uno sforzo così rilevante per ottenere questo risultato?
Il grano tenero, per intenderci quello che si usa per fare il pane, è giunto fino a noi con un percorso di “addomesticazione” delle specie selvatiche originarie che ci ha portato ad avere la pianta che oggi coltiviamo. Una pianta con un genoma veramente complicato, un genoma 5 volte più esteso di quello umano, con 108 mila geni (contro i circa 23.000 geni umani) organizzati su tre “subgenomi” simili ma non identici, che sono il frutto dalla storia evolutiva recente di questa specie. Anche questi numeri sono impressionanti e giustificano lo sforzo, comunque notevole, nonostante il grande progresso degli strumenti di lettura di cui disponiamo.
Quale è stato in particolare il contributo dell’Italia?
Uno degli aspetti più significativi di questa pubblicazione è il fatto che tutti i geni più importanti (alcune migliaia) sono stati identificati e validati manualmente uno per uno coinvolgendo in questo lavoro team di esperti per ciascuna delle diverse classi/famiglie di geni presenti nel genoma. Il gruppo di ricerca del CREA è stato coinvolto in virtù della propria decennale esperienza nello studio dei geni che controllano la resistenza alle basse temperature propria del frumento e di tutte le specie a semina autunnale. Il fatto che alcune specie, ma non altre, siano in grado di sopravvivere durante l’inverno è infatti codificata da una particolare famiglia genica, la cui validazione nel genoma è curata dal nostro gruppo di ricerca. Individuare i geni responsabili di caratteri come questi, legati all’adattamento all’ambiente ed alle risposte ai cambiamenti climatici, è importanti per poi indirizzare la selezione genetica verso varietà sempre più adatte ai diversi ambienti di coltivazione e rendere la coltura stessa più produttiva.