La sfida del futuro sarà quella di produrre di più e meglio, utilizzando meno risorse naturali, in modo da ridurre anche l’impatto dell’attività umana sul pianeta. Le biotecnologie, che già rappresentano un motore strategico di innovazione per le scienze della vita e la bioeconomia - intesa come sistema che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, come input per la produzione di beni ed energia - possono offrire un contributo chiave, consentendo di guardare a un futuro dove è possibile unire crescita economica e sviluppo sostenibile, un legame di cui si percepisce sempre più l’urgenza.
“Dai cambiamenti climatici alla perdita di biodiversità, le crisi che stiamo affrontando sono le conseguenze dirette di un modello economico che è rimasto lo stesso dagli albori della rivoluzione industriale”, ha dichiarato Elena Sgaravatti, Vicepresidente Federchimica Assobiotec. “Occorre ripensare profondamente il modo in cui si crea valore, allontanandosi dall'economia lineare, sostanzialmente estrattiva. È necessario un profondo cambiamento trasformativo: abbiamo bisogno di un'economia circolare e rigenerativa su larga scala. È in piena coerenza con l’approccio ‘One Health’, che oggi ormai tutti riconosciamo come indirizzo strategico per una crescita sostenibile”.
Le biotecnologie per rispondere alle sfide del nostro tempo
In questo scenario, le biotecnologie possono contribuire a raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dalle Nazioni Unite. Il secondo obiettivo, ad esempio, affronta l’urgente sfida di migliorare la disponibilità di cibo, di combattere tutte le forme di malnutrizione e di assicurare la diversità genetica di semi, piante coltivate, animali da allevamento e domestici. Fra gli strumenti citati: la riduzione degli impatti ambientali della produzione alimentare con particolare riferimento all’applicazione di pratiche agricole resilienti che aumentino la produttività e la produzione, che aiutino a conservare gli ecosistemi, che rafforzino la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, alle condizioni meteorologiche estreme, alla siccità, alle inondazioni e agli altri disastri, e che migliorino progressivamente il terreno e la qualità del suolo.
Le biotecnologie possono giocare un ruolo fondamentale per lo sviluppo di un’agricoltura in grado di “produrre di più con meno”. Grazie alle nuove biotecnologie per il miglioramento genetico, ad esempio, è possibile la progettazione di varietà migliorate, la selezione assistita su base molecolare e il trasferimento di geni utili a migliorare, in modo sostenibile, la qualità nutrizionale dei prodotti. Le nuove tecniche genomiche possono infatti essere utilizzate anche per sviluppare cibi dagli alti valori nutrizionali; attraverso l’incremento della biodisponibilità dei micronutrienti e l'ingegneria metabolica è possibile soddisfare le esigenze nutrizionali e sradicare il rischio di malnutrizione, così come è possibile contribuire alla formulazione di ingredienti con potenziali effetti funzionali, includendo il mondo della nutraceutica. Inoltre, le biotecnologie possono rendere disponibili risorse proteiche alternative a minore impatto ambientale, ma anche processi di supporto al sistema di produzione agricolo, come bio-fertilizzanti e biostimolanti.
Queste tecnologie possono costituire un valido alleato anche nel rispristino degli ecosistemi e contro la perdita di biodiversità. Combattere la desertificazione, ripristinare i terreni degradati e il suolo, adottare misure urgenti e significative per ridurre il degrado degli habitat naturali, arrestare la perdita di biodiversità, sono alcune delle priorità individuate nell’obiettivo numero 15 delle Nazioni Unite. In questo contesto, le biotecnologie possono contribuire a contenere la deforestazione e la perdita degli habitat naturali: possono infatti essere impiegate per rendere l’agricoltura più sostenibile grazie all’introduzione di nuove varietà vegetali, in grado – solo per fare un esempio – di aumentare la resistenza ai parassiti, limitando la necessità e la ricerca di nuovi terreni coltivabili, garantendo così la conservazione della biodiversità.
La ricerca sulle TEA in Italia
Negli ultimi anni, il sistema scientifico italiano sia attraverso il progetto BIOTECH, finanziato dal Ministero dell’Agricoltura e coordinato dal CREA, sia mediante altre iniziative, ha sviluppato conoscenze avanzate nell’ambito delle TEA relativamente alle più importanti specie agricole italiane (frumento, riso, pomodoro, vite, melo, agrumi, ecc.). Questo lavoro, che ha portato alla selezione di piante di volta in volta resistenti alle malattie, agli stress abiotici e/o con migliori caratteristiche qualitative e con potenzialità produttiva più elevata, è rimasto fino a oggi confinato nei laboratori. Le piante già selezionate con le TEA, e quelle che saranno selezionate nei prossimi anni, costituiscono una grande opportunità per l’agricoltura italiana – basti pensare solo alle perdite causate dalla siccità - purché però ci sia la possibilità di testarle in campo, una opzione al momento preclusa.
BIOTECH, in particolare, è il più importante progetto di ricerca pubblica per lo sviluppo delle TEA in agricoltura. Finanziato nel 2018 con uno stanziamento di circa 6 milioni di euro, e partecipato anche da università, CNR e altri enti, il progetto ha contribuito a sviluppare un know-how diffuso, coinvolgendo circa 25 laboratori e 15 specie. Nello specifico, come si legge su CREAfuturo, BIOTECH ha interessato diverse specie, sia ortofrutticole che cerealicole, di notevole importanza per il nostro sistema agroalimentare, “mettendo a sistema il capitale genetico e di conoscenze, già presente in numerose istituzioni pubbliche del Paese, per consentire ai nostri ricercatori di essere protagonisti nel contesto europeo e mondiale della ricerca genetica e biotecnologica”, ha spiegato Luigi Cattivelli, coordinatore del progetto.